Scusate per l’omelia che può
sembrare poco convenzionale, ma l’intenzione è buona. Scusate anche dell’italiano.
Pochi giorni fa leggevo una storia
dai detti dei padri del deserto che è ideale per il commento del vangelo delle
tentazioni. Si tratta, per cosi dire, di una versione dal vangelo raccontato in
modo rustico, semplice e pratico, con un tono didattico. Il protagonista della
storia è l’abate Abramo.
Si racconta che un monaco anziano
passò cinquanta anni mangiando pane e vino saltuariamente. Diceva, infatti:
- Ho ucciso la concupiscenza, la
cupidigia e la vanagloria.
Da lui andò l’abate Abramo sapendo che lui aveva detto
queste cose, e gli chiede:
- Hai detto tu questa frase: Ho
ucciso la concupiscenza, la cupidigia e la vanagloria?
- Sì -li rispose. E li replicò
l’abate Abrahamo:
- Metti per caso che entri nella
tua cella e sul tuo giaciglio trovi una donna: puoi pensare che quella donna
non c’è?
Rispose:
-No, ma lotterò con il mio
pensiero per non toccarla.
Allora gli dice l’abate Abramo:
-Vedi che non hai ucciso la
passione! Essa è ancora viva, ma è legata. E quando mentre cammini, trovi
sassi, pezzi di terracotta e in mezzo ad essi l’oro: puoi considerare tutti i
tre dello stesso valore?
Rispose:
-No, ma lotterei con il mio pensiero
per non prendere l’oro.
E dice l’abate:
-Guarda, la passione è ancora viva,
ma è legata.
Insiste l’abate Abramo:
-Immagina che dei due fratelli,
uno ti ama e l’altro ti odia e parla male di te. Se vengono da te,
accoglieresti tutti i due della stessa maniera?
Rispose:
- No, lotterei con il mio pensiero
per fare il bene a quello chi mi odia tanto quanto a costui che mi ama.
Gli dice l’abate Abramo:
-Vedi, le passioni sono sempre
vive ma è soltanto i santi che possono dominarle.
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