Avanti ieri, venerdì
pomeriggio, sono andato alla Prima Stazione –qui vicino-, a celebrare il
Kabalat Shabat, un benvenuto dal sabato che si fa a l'aperto, tra la gente, molto popolare.
La rabina che comandava la
celebrazione cominciò ricordando che era il primo Shabat dal mese di Ramadan,
ponendo l’accento che i musulmani cominciavano un tempo
speciale per avvicinarsi di più a Dio. Anche si lamentò dall'incendio provocato
nella chiesa di Tabgha, e le nove morti nella chiesa di Charleston. Questo
discorso della rabina non si ascolterà mai nelle notizie, ma è anche veridico,
come gli altri successi.
Questi commenti interreligiosi, sinceri, fatti con sensibilità, ma anche con
autorità, diventarono per me come un balsamo guaritore da tante ferite che
portano le religioni tra loro; diventarono una grande bonaccia che calma le
tempeste che agitano la nostra identità religiosa, specialmente effervescente a
Gerusalemme.
Le parole convinte della
rabina avevano autorità e la stessa intenzione che le parole di Gesù nel
vangelo di oggi: "Taci, calmati". Per questo, quando le tempeste esteriori e
interiori chi assediano, noi dobbiamo ricordare le parole di Gesù nella barca
agitata: "Taci, calmati".
E seguendo l'esempio di
questa dona rabina, diciamo che oggi è la prima
domenica durante il tempo di Ramadan. È lamentiamo i morti recenti in diversi
mosquee e di una sinagoga a Gerusalemme.
Cosi diventeremo come
Gesù, che invece di agitare più le acque con i nostri lamenti come fanno i
discepoli nel vangelo, diventeremo strumenti di
bonaccia con la nostra preghiera, la nostra testimonianza, anche con il nostro
silenzio.
Taci, calmati! Questa frase di Gesù
serve per tutto!
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